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L'ultima difesa con i BTp

di Maximilian Cellino

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6 giugno 2008

Cinque per cento, o quasi. È quanto offre al giorno d'oggi il BTp decennale, il titolo di Stato probabilmente più diffuso nelle tasche dei risparmiatori italiani. Un rendimento simile, il massimo che si sia visto dall'estate 2002, è sicuramente interessante: siamo però sicuri che possa garantire la copertura dal carovita?
Visti i tempi che corrono, con il tasso di inflazione balzato a maggio al 3,6%, non c'è da mettere la mano sul fuoco: in fondo, quando consideriamo l'impatto dell'aliquota fiscale (12,5%), il rendimento effettivo del BTp in questione scende dal 4,88% al 4,29% e con esso si riducono anche i margini di guadagno in termini reali.
La faccenda, poi, si complica non poco se si prende in considerazione un BTp con scadenza più ravvicinata, perché in questo caso i rendimenti netti possono scendere al di sotto del 4%, e lo stesso vale per CcT e BoT, che offrono rispettivamente il 3,7-4% e il 3,5%-3,8% a seconda delle diverse maturità: per questi battere l'inflazione in futuro potrebbe rivelarsi un'impresa decisamente difficile.

Quando la coperta è corta
Se facciamo un passo indietro per valutare i rendimenti dei titoli di Stato italiani nell'era dell'euro, scopriamo che mediamente con i titoli di Stato è stato possibile superare il tasso di inflazione. Come si può vedere nel grafico in alto, infatti, i 100 euro investiti negli scorsi anni in un paniere di BTp, BoT o CcT reimpiegando le eventuali cedole maturate sarebbero infatti oggi cresciuti in termini di potere d'acquisto (al netto cioè delle imposte e dell'inflazione) in quasi tutti i casi.
Non sempre, però, le cose sono andate per il verso giusto: chi avesse acquistato BTp nel maggio 2005 si troverebbe oggi con un portafoglio dal valore reale ridotto rispetto ad allora (97,6 anziché 100 euro). Come è potuto accadere? Semplice, a quell'epoca il tasso di interesse netto di questi titoli era particolarmente basso – anche inferiore al 2% su alcune scadenze – e se a questo fattore si aggiunge il ritorno di fiamma dell'inflazione ecco spiegata l'erosione completa dei rendimenti reali.
Anche la situazione che si è creata negli ultimi 12 mesi, un lasso di tempo durante il quale l'aumento del costo della vita è più che raddoppiato passando dall'1,5% al 3,6%, è interessante da analizzare. In questo caso, soltanto i risparmiatori che avessero comprato dei BoT sarebbero rimasti in media al passo dell'inflazione con un rendimento netto pari esattamente al 3,6%. Chi invece nel maggio 2007 si fosse affidato a CcT e BTp, a oggi avrebbe realizzato un risultato al netto delle imposte rispettivamente del 3,3% e del 2,7%, in altre parole avrebbe perso lo 0,3% e lo 0,9% in termini di potere d'acquisto. Dati di questo tipo, visto l'orizzonte di tempo limitato (e quindi particolarmente soggetto alle oscillazioni dei mercati obbligazionari, quando si parla di BTp e CcT), vanno naturalmente presi con cautela. Sono però ugualmente significativi, perché danno l'idea dello scenario che si verrebbe a creare nei prossimi mesi se corsa dei prezzi al consumo non si dovesse calmare.

Nelle mani della Bce
Stabilire se un titolo di Stato sia oggi un buon investimento in termini reali comporta quindi prima di tutto una serie di congetture sull'andamento futuro dell'inflazione. Sotto questo aspetto, le indicazioni non sono del tutto rosee: l'impressione fra gli addetti ai lavori, come si può leggere anche nell'intervista in basso, è che i livelli di questi ultimi mesi siano una sorta di picco oltre il quale sarà difficile salire, ma che al tempo stesso il rientro su livelli precedenti alla crisi dei prezzi delle materie prime sarà lento e graduale.
La Banca centrale europea stessa, nelle ultime stime diffuse giovedì scorso, prevede per l'Eurozona un tasso medio del 3,4% quest'anno e del 2,4% nel 2009 e non esclude di tornare ad alzare il costo del denaro a breve per calmare le spinte inflazionistiche. Il pallino, come al solito, è nelle mani di Jean-Claude Trichet.

m.cellino@ilsole24ore.com

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